Recaro: cos’è successo al famoso brand di sedili?

La notizia è ormai stata pubblicata da tutte le principali testate automobilistiche e non, e in questi giorni ha lasciato in tutti gli appassionati un velo di tristezza: Recaro è fallita. Il rinomato produttore di sedili sportivi, famoso per la produzione di sedili sportivi aftermarket e per alcune collaborazioni come Abarth, Audi, Mercedes e molte altre, ha dichiarato fallimento. Da una prima lettura il pensiero che pervade la mente di un appassionato potrebbe essere “ecco un altro pezzo di storia dell’automotive che se ne va” oppure “il mondo delle auto sportive sta fallendo” (l’ho messo tra virgolette perché è proprio ciò che ho pensato io). Succede poi però che dopo una serie di letture sul dichiarato fallimento ha prevalso la curiosità “economica” e la voglia di provare a capire le possibili cause. Cercherò quindi di fare un’analisi del fallimento del produttore di sedili sportivi Recaro.

Partiamo dall’inizio:

Recaro nasce nel 1906 a Stoccarda operando inizialmente nella produzione di carrozzerie. È solo nel 1965 che l’azienda presenta il suo primo sedile sportivo, caratterizzato da un’imbottitura in schiuma e rinforzi laterali. Due anni più tardi viene presentato il primo sedile a guscio omologato per uso stradale. Le specializzazioni continuano poi nel corso degli anni apportando continue innovazioni come ad esempio l’airbag su sedili sportivi aftermarket acquistabili come upgrade per la propria auto.

Andamento degli ultimi anni:

Dalla sezione “press” del sito ufficiale Recaro si legge “Revenue for Recaro in 2021 almost reached 270 € million. Despite the pandemic related and geopolitical challenges, Recaro successfully managed staying in a very good and robust pole position to shape and further grow its business sustainably” e ancora “Global seating company RECARO announces record growth of almost 55% in 2022 and outlines a plan for continued double-digit growth. In 2022, RECARO generated a revenue of nearly 425€ million”.

La crescita degli ultimi anni sembra a dir poco strabiliante, così come ottime erano le aspettative. Dunque, cos’è successo in questi ultimi giorni di luglio 2024?

Come prima cosa va fatta subito una precisazione: ciò che riguarda l’automotive e, più semplicemente, i sedili sportivi, è una divisione (Recaro Automotive GMBH, appunto) scorporata da Recaro Holding. Quest’ultima rappresenta infatti la “Capogruppo” che detiene nel proprio portfolio societario le divisioni “Aircraft”, “Automotive”, “Rail”, “Gaming”, “Child Safety” e “Special Applications”. Ciò che interessa a noi appassionati è la divisione “Automotive” che, a partire dal 2020 è gestita dalla società americana Raven Acquisition, LLC come licenziataria del marchio Recaro. In parole semplici, il gruppo Recaro Holding detiene la proprietà del marchio “Recaro” che a partire dal 2020 è stato concesso in licenza ad una società di diritto americano. Le strabilianti performance di crescita a doppia cifra e le ottime aspettative riportate nel sito purtroppo non includevano l’andamento del settore automotive in quanto non è incluso nel perimetro del gruppo Recaro Holding. Dopo questa doverosa premessa, cos’è successo alla Recaro Automotive? Sul sito è presente un comunicato stampa, datato 30 luglio 2024, dove viene indicato che Recaro Automotive GmbH ha presentato istanza di fallimento in tribunale. Le cause riportate nel comunicato stampa sono tre:

  • Aumento dei prezzi degli ultimi anni;
  • Perdita di un importante contratto (non vengono forniti ulteriori dettagli);
  • Riduzione generale della spesa per l’acquisto di veicoli.

La perdita di un importante contratto risulta poco analizzabile, soprattutto per la mancanza di informazioni al riguardo. Sicuramente le due restanti cause indicate dalla società risultano di facile comprensione, lo si vive quotidianamente, non solo nel campo automobilistico.

A questo punto, una volta capite le cause, e definite principalmente esogene all’azienda, viene spontanea (almeno a me) una domanda: e i concorrenti? Eh già, Recaro non è sicuramente monopolista di mercato ma ci sono altri competitor come ad esempio Sparco, Sabelt e Simoni Racing. Sparco ad esempio, società nata nel 1977 il cui nome deriva dall’acronimo Società Produzione ARticoli COmpetizione, ha prodotto il suo primo sedile sportivo due anni dopo la nascita della società. Nel 2022 il gruppo ha generato oltre 140 milioni di Euro di fatturato, incrementati nel 2023 a oltre 145 milioni. L’attenzione al mondo del motorsport ha caratterizzato la società per tutta la sua durata ma, come riportato nel bilancio di sostenibilità, sono gli ultimi 10 anni che hanno permesso di sfruttare al meglio le potenzialità del brand. La società ha dunque deciso di adottare una politica di “brand extension” attraverso l’istituzione di diverse business unit per un maggior sfruttamento del brand Sparco. Questa scelta si è tradotta in un’integrazione del core business aggiungendo:

  • Sparco Teamwork che si occupa delle scarpe antinfortunistiche e abbigliamento da lavoro;
  • Sparco Gaming per prodotti sim racing ed e-sport;
  • Sparco Seats operativa nel settore delle sedute sportive per gaming, ufficio e panchine sportive.

La strategia è stata dunque quella di un’integrazione orizzontale del brand, andando dunque a sviluppare prodotti in diversi settori.

Sabelt, acronimo di SAfety BELT, fondata anch’essa negli anni 70 (precisamente nel 1972), è attiva nel mondo dell’automotive con la produzione di sedili, cinture e abbigliamento sportivo. Nel 2022 (ultimo dato disponibile) il fatturato è stato pari a 84,5 milioni di Euro con un tasso composto di crescita annuale pari a 4,1 % dal 2019. Degno di nota è l’impegno della società Sabelt nel mondo del motorsport attraverso collaborazioni dirette con marchi automobilistici e con team nei campionati automobilistici. La società è inoltre presente nel settore aerospaziale (“Aerospace & Defending”) con collaborazioni con la Stazione Spaziale Internazionale.

Cosa emerge da queste brevi descrizioni aziendali? Che entrambe le società (Sparco e Sabelt) nel corso degli anni hanno diversificato il business con diversi prodotti legati all’automotive e addirittura ulteriori settori “sconnessi” dal core business. La medesima strategia è stata adottata anche da Recaro tramite la costituzione di diverse società oppure dalla concessione in licenza del marchio ma, con la differenza importante, che la divisione automotive è stata scorporata dal gruppo e isolata dai restanti business. Così facendo il settore automotive è stato isolato e lasciato in autonomia a superare potenziali cali di mercato o crisi di settore.

Cosa succede adesso?

Il “fallimento”, come già scritto in precedenza, è legato a difficoltà finanziarie pertanto la società ha richiesto l’amministrazione straordinaria al fine di garantire quanto più possibile la continuità operativa necessaria a pagare i debiti, tra cui gli stipendi dei quasi 200 dipendenti attuali. Al momento, dunque, la produzione continua con l’obiettivo di cercare di risollevare la situazione finanziaria della società e far fronte ai propri obblighi quali accordi produttivi e contratti in essere e obblighi finanziari. Senza dubbio si tratta di una notizia di rilievo, sia per l’importanza che riveste il brand nel mondo dell’automotive, e sia per l’attenzione che pone sul trend del mercato di auto sportive e accessori aftermarket.

Vedremo come evolverà la società, e il mercato, nei prossimi mesi.


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